Ultracorpi di Francesca Marzia Esposito (minimum fax, 2024) è un saggio narrativo sulla ricerca della perfezione corporea. L’autrice ne parla attraverso una scrittura superba e intrecciando approfondimenti su fatti e personaggi a racconti autobiografici .
C’è un’immagine che si specchia e produce uno sdoppiamento: due tipologie di corpi che, l’uno di fronte all’altro, mostrano il lavoro meticoloso, estremo e diametralmente opposto che ha come obiettivo La ricerca utopica di una nuova perfezione, come recita il sottotitolo. Due parti del libro, due modelli, un fratello e una sorella: l’uno dedito al body building e l’altra alla danza classica. Da questo confronto l’autrice parte per dipanare storie, raccontare biografie di personaggi illustri e non, porsi (e porci) domande.
In Ultracorpi non ci sono moniti né giudizi, ma fatti e considerazioni filosofiche su cosa certe scelte e certi comportamenti possano produrre e comunicare; su quanto a volte sia labile il confine fra la cura del corpo e il desiderio di perfezione che sconfina nell’ossessione, invade ogni angolo dell’esistenza, diventa patologia.
Esposito osserva e descrive tali comportamenti attraverso lo sguardo attento di chi ne conosce profondamente le dinamiche; è analitica, rigorosa, non tralascia nessuna sfaccettatura, non sorvola sulle sfumature. Ci restituisce un quadro chiarissimo di ciò che accadeva e accade nel mondo degli ultra-corpi dei bodybuilder, muscolosi, scolpiti, pompati e mostrati come risultato di una dedizione e un sacrificio che vanno oltre la mera attitudine allo sport e alla cura di sé. Ci racconta la storia di personaggi noti, come Arnold Schwarzenegger e Lou Ferrigno, e meno noti, alle prese con allenamenti estremi e alimentazione iperproteica, con competizioni che spostano sempre più in alto il livello della performance. Ci racconta anche del mondo delle bodybuilder e delle loro forme corporee maggiormente accettate se più femminili e sensuali. Un mondo molto particolare paradossalmente segnato dal maschilismo del tutto ordinario che ognuna di noi sperimenta almeno una volta nella sua vita, che sia in ambito lavorativo, scolastico, familiare o sportivo.
Il corpo descritto nella seconda parte del libro è di segno opposto: è quello delle danzatrici e della ginnaste, definito e scolpito per sottrazione, quasi trasparente, etereo, privato dell’aspetto sensuale, bello in estrema purezza. Anche in questa parte del libro, l’autrice racconta storie di ballerine e ballerini celebri, Nureyev, Fracci, Bolle, che hanno fatto la storia della disciplina, intrecciando storie meno note e parti della sua storia personale.
Francesca Marzia Esposito si è laureata al Dams di Bologna e insegna danza a Milano, il suo dunque è uno sguardo esperto attraverso il quale scrive di ciò che accade in ambienti come scuole di danza e palestre, dei pensieri che attraversano la mente (e il corpo) delle ragazze e dei ragazzi che li frequentano, di come certi sentimenti e certe ambizioni possano trasformare mente, gambe, braccia e busti; di come la leggerezza e la magrezza estreme diventino a volte obiettivi spasmodicamente perseguiti anche a costo di ammalarsi e mettere a rischio la propria vita.
Mentre leggevo Ultracorpi mi sono tornati in mente altri testi letti di recente e rimasti a lungo sul mio comodino come breviari laici. Primo fra tutti, Social Fame di Laura Dalla Ragione e Raffaela Vanzetta (Il Pensiero Scientifico Editore, 2023), che si apre con la descrizione dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, ne fa una panoramica esaustiva dell’epidemiologia, delle caratteristiche e dei fattori che, in misura variabile e con diverse modalità, possono anticiparne l’esordio e/o aggravarne l’espressione. Uno di questi è la cultura che associa la magrezza e la bellezza esteriore al valore individuale: tendenza divenuta invasiva attraverso i social media, con conseguenze gravissime sulla diffusione di comportamenti a rischio, soprattutto fra i giovanissimi.
In entrambi i testi, Ultracorpi e Social Fame, viene dato risalto all’influenza che i social hanno avuto e ancora hanno su come l’individuo percepisce sé stesso al confronto con gli altri. Il corpo perfetto diventa, insieme all’avallo pubblico, il lasciapassare per la felicità, laddove i giovani “Sono invece pervasi di quel desiderio di amore, di riconoscimento che è proprio di tutti gli adolescenti, in un’epoca in cui si è titolati a vivere solo se perfetti” (da Social Fame). Scrive la Esposito: “La completa smaterializzazione vissuta tramite lo schermo ha avuto un grande impatto sul corpo. La potenza evocativa, immaginativa, creativa, che ha dispiegato il virtuale, ha contaminato corpo e mente dei suoi fruitori”.

Nel capitolo Il peso immateriale di Ultracorpi, riverberano alcuni scritti di Rudolph M. Bell (come La santa anoressia e Dalle sante ascetiche alle sante anoressiche), autore a me caro dai tempi della mia formazione. A proposito della trasformazione dei corpi tridimensionali, reali, in corpi virtuali, cioè in non-corpi, Esposito scrive: “Finalmente complete e libere nella loro materica sparizione le ballerine riprendono la lunga tradizione delle monache medievali ossequiose della santa anoressia. Le Caterina da Siena che sacrificavano il fisico piegandolo alle privazioni e ancorandosi alla follia di un mistico ascetismo. (…) Le ballerine discendono da quelle anime androgine, asessuate, ripensate su un corpo residuale, luogo di colpa ed espiazione”.
Ma c’è molto altro in questo libro: il corpo fluido, l’autodeterminazione, la creatività, il senso di inadeguatezza e quello di rivalsa. Ci sono le vite sui generis, quelle trasparenti, quelle complete e quelle precocemente spente o dimenticate. C’è il corpo minuziosamente osservato, il proprio allo specchio, l’altrui negli spogliatoi. Le circonferenze da contenere, le sottigliezze da mostrare, dei polsi, degli avambracci, delle cosce, delle caviglie. E c’è molto sentimento, le emozioni che pulsano nel cuore, che fanno venire i capogiri, fanno accapponare la pelle.
Allora, mentre ci rifletto, sottraggo alla pila del comodino un altro bel testo letto di recente: si tratta di Corpo, umano di Vittorio Lingiardi (Einaudi, 2024), anch’esso colmo di rigore, di storie, di sentimento.
Anche Lingiardi, fra molte altre cose, parla di corpo snaturato dal virtuale, sottratto alle relazioni reali e toccanti, oltre che di corpo scomposto in organi, studiato, curato troppo o non curato affatto. E infine, di corpo ch’è tutt’uno con la psiche: “il corpo è la nostra storia e la nostra filosofia. Avere un corpo, essere un corpo” scrive Lingiardi.
Esposito parla del corpo come fonte potenziale di ogni cambiamento e possibilità, al di là della genetica e del senso comune che ritaglia nel nostro immaginario forme e dimensioni. Il corpo di Ultracorpi è territorio di competizione con sé stessi prima ancora che con gli altri, il pavimento duro su cui allenare la propria forza di volontà e la propria tolleranza al sacrificio.
E se, come sostiene il neurobiologo Antonio Damasio, il corpo è il teatro delle emozioni e i sentimenti sono la percezione cosciente delle emozioni, allora il libro di Francesca Marzia Esposito non ci parla solo di ultra-corpi e di traguardi estremi, ma di una dimensione tanto ricca quanto interessante che assume sembianze materiche riconoscibili in quelle corporee ; ci pone cioè davanti a una stupefacente complessità interiore ed esteriore con cui ognuno di noi è chiamato a confrontarsi, e, al di là dei giudizi e delle opinioni personali, a riposizionarsi, a pensarsi come l’uguale e il diverso, come insieme di organi, sistemi, pensieri, desideri e sentimenti in continuità e ineludibile metamorfosi.
Francesca Marzia Esposito vive a Milano, dove insegna danza. Si è laureata al Dams di Bologna e ha conseguito un master in Scrittura per il cinema all’Università Cattolica di Milano. Alcuni suoi racconti sono apparsi sulle riviste Granta, GQ, ’tina e Colla. Ha pubblicato i romanzi La forma minima della felicità (Baldini & Castoldi 2015) e Corpi di ballo (Mondadori 2019).