Categorie
#altrove #secondapelle #testolibero

Misurare il dolore degli altri – su Fernweh

Schermata 2020-07-06 alle 15.56.47Dopo un rapido cenno di saluto S. entra nel mio studio con movimenti lievi, misurati. Si siede davanti a me senza fare rumore, senza spostare l’aria. Mi guarda in silenzio, con gli occhi grandi, enormi, vacui. Oggi come sempre, la pupilla è un buco nero pieno di attese. Le palpebre hanno perso elasticità e si corrugano agli angoli degli occhi come quelle dei vecchi. Continua a leggere su Fernewh

Categorie
#risvegli #secondapelle

Spazi

hot-air-balloons-3377538Ho uno strano rapporto con la staticità degli spazi. Mi dà un senso di vertigine. Scoraggia la mia intraprendenza per mancanza di variabili. Come le equazioni matematiche investo energie nelle occasioni prodotte dalle variabili. Se tutto resta fermo per troppo tempo mi fermo anch’io. E il troppo o il poco relativi al tempo costituiscono anch’essi una variabile importante.
Gli scaffali della libreria, ad esempio, hanno una vita dinamica. Lo spazio a disposizione cambia aspetto continuamente, influenzato dalla preferenza con cui amo riporre il libri letti e quelli da leggere. Mi oriento nella loro oscillazione temporale riconoscendo nella disposizione i miei stati d’animo recenti.
Gli armadi di casa che a ogni cambio di stagione si svuotano e si riempiono non hanno mai la stessa organizzazione. È il motivo per cui non trovo mai nulla, perdo tutto di continuo. Sarebbe più pratico farsi una mappa mentale logica di ogni cosa, ma non sono mnemonicamente e cognitivamente attrezzata. Ho bisogno di perdere e cercare, perché in questo tempo do significato alle cose, alle parole con cui le chiamo e al motivo per cui ho cambiato loro di posto. Faccio della smemoratezza il mio conta passi.
Stessa sorte per gli arredi casalinghi. Li sposto periodicamente, modificando l’aspetto di una stanza e la sua funzionalità. Vivermi accanto è difficile. Ma è roba da vivi e vegeti, su questo nessun dubbio.
Le pagine bianche mi sgomentano. Sono abissi pericolosi. Una volta che le ho riempite so di avere un luogo in cui tornare. Ogni volta che torno modifico, sottolineo, coloro, strappo, ritaglio, incollo, dato. Ritornando di nuovo so di essere già passata di là, interpreto le tracce del passaggio e ne lascio delle altre. A distanza di tempo mi serviranno per sapere che c’ero e cosa provavo.
Ho uno strano rapporto con la staticità degli spazi. Quelli vuoti, statici per definizione, mi fanno impazzire. Non danno scampo. Somigliano alla morte. Condannano definitivamente all’inutilità. Basta porvi dentro una sedia, un libro, una maglia e io mi oriento. Meglio ancora con una manciata di parole.

Immagine di Emre Kuzu

Categorie
#altrove #secondapelle Racconti

Scorpacciata in vista – Crack Rivista letteraria

Il mio racconto “La chef insonne” in un prossimo numero speciale di CRACK – Dis/connessioni letterarie

Schermata 2020-07-03 alle 15.42.41