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#altrove ho letto un libro

Social Fame è un libro necessario

Social Fame di Laura Dalla Ragione e Raffaella Vanzetta è un libro importante, utile, ben scritto. L’ho presentato nel mio studio dopo l’uscita e oggi ne parlo su Quaerere che ringrazio per la cura.

Il Pensiero Scientifico Editore

All’inizio dell’estate, ho letto Social Fame, Adolescenza, social media e disturbi alimentari di Laura Dalla Ragione e Raffaella Vanzetta, pubblicato da Il Pensiero Scientifico Editore. Delle due autrici e curatrici avevo già letto diversi lavori, fra saggi e articoli, soprattutto per interesse professionale. La lettura di questo testo però ha assunto da subito una connotazione particolare e non solo perché sono una nutrizionista. Di saggi sui disturbi della condotta alimentare ne ho letti molti, ma questo mi è sembrato un testo imprescindibile, uno di quei libri da diffondere il più possibile e di cui parlare in ogni contesto educativo. Per questo, i primi di luglio ho invitato nel mio studio colleghi, lettori comuni, genitori, studenti, educatori a confrontarsi sui temi del libro insieme a una delle autrici, Laura Dalla Ragione, che si è collegata da remoto. Mi è parso un tempo speso bene, un modo utile e interessante di affrontare la questione dei disturbi alimentari e dei social media da punti di vista diversi, in certi casi anche molto distanti fra loro, ma allo stesso modo importanti e necessari.

Ho riflettuto molto poi su quel momento e su come questo testo così importante sia in grado di illuminare certi spazi oscuri relativi alla vita e alle ansie dei nostri ragazzi. 

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#altrove #testolibero

L’orto come modo di essere, vedere e vivere – Dall’orto al mondo, di Barbara Bernardini

In questi giorni ho letto per la seconda volta il libro di Barbara Bernardini, Dall’orto al mondo. Piccolo manuale di resistenza ecologica, recentemente pubblicato da nottetempo.

L’ho letto due volte perché la rilettura è il tempo della riflessione, dei collegamenti ad altre letture, degli appunti scritti sul margine. Concede peraltro la libertà di andare avanti e tornare indietro, prescindendo dall’ordine in cui il testo è stato scritto, procedendo con l’unica voglia di farsi cambiare da ciò che si legge, di metabolizzarne lentamente ogni pagina, ogni parola. Così, questo testo è diventato, oltre che il mio manuale di resistenza ecologica, anche un esorcismo alla rapidità vertiginosa del tempo e del lavoro finalizzati a produttività e performance.

A questo libro voglio bene per molti motivi, primo fra tutti i temi trattati; e non solo perché sono biologa, ma perché credo che parlare di orti, ambiente, biodiversità e buone pratiche sia urgente e di interesse assolutamente collettivo.

C’è anche il fatto che Barbara Bernardini scrive benissimo e che ogni concetto affrontato nel suo libro risulta chiaro e invoglia all’approfondimento.

Ma voglio bene a questo libro anche per altre ragioni. Di seguito proverò a parlarvene meglio che posso.

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#altrove #secondapelle #testolibero

Con le ossa rotte. L’arte di raccogliere i frammenti -In allarmata radura

All’ingresso del mio studio, aspetto una nuova paziente. Di fronte a me, sul pianerottolo, la grande finestra si affaccia sulla piazzetta. In basso, ci sono i tavolini di un bar e persone sedute a bere, mangiare, chiacchierare. Chi sono, che lavoro fanno, che pensieri masticano insieme alla colazione? Penso al tempo che dedichiamo al cibo, alla qualità di questo tempo, a quanto ciò che mangiamo sia strumento, sostentamento e conforto. Ci penso per deformazione professionale e per una certa deriva a cui sono soggetta da qualche anno. Mi distraggo, ultimamente, da grafici, tabelle e manuali. Forse è l’età di mezzo, forse la malattia che ho affrontato di recente a rendermi più distratta.

Certe volte penso che sono sbagliata. Mi guardo indietro e ne ricevo conferma da certe fragilità che mi danneggiano oppure, al contrario, mi salvano la vita. Non l’ho ancora capito.

La mia formazione scientifica mi ha partorita analitica e riduzionista. A causa di un’inquietudine congenita non sono però riuscita a restarmene chiusa in un laboratorio di ricerca a cui, – per passione e per dispetto a chi mi aveva sbeffeggiata per i miei sogni di ragazza, – approdai dopo la laurea. Negli anni novanta la biologia riempì la mia testa e la mia esistenza. Giornate intere chiusa in un laboratorio. La vita minuscola saggiata a suon di cromatografie, elettroforesi, saggi enzimatici, fluorescenza, radioattività. Roba che dà risposte, dati numerici, percentuali, immagini incontrovertibili. Nero su bianco. E io, ostinata e motivatissima, numeravo i quaderni degli esperimenti, catalogavo risultati da interpretare con cura e precisione, mi godevo il nome sulle prime pubblicazioni.

La mia formazione scientifica mi ha partorita sicura che la chimica e la fisica mi avrebbero aiutato a capire e a rispondere a ogni quesito. Francis Crick un anno prima della mia nascita, aveva affermato che l’obiettivo finale della scienza moderna è la comprensione della biologia in termini di fisica e chimica. Era stato il mantra dei miei anni di studio. Crick, Watson e la loro doppia elica. Indiscutibili.

Del resto, mi ripetevo dal sacco amniotico dei miei studi, attaccata al cordone ombelicale delle mie ambizioni da scienziata, un sistema biologico cos’altro è, se non un insieme di atomi e molecole studiabile, decifrabile, intellegibile attraverso leggi e assiomi, formule e reazioni?

Poi arrivò un sentimento sconosciuto a guastarmi la festa, a dirmi che forse non ero fatta per quel lavoro, per quel genere di pervicacia. Arrivò un senso di manchevolezza che mi tolse il sonno per anni.

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#altrove #secondapelle Racconti

Lezioni di gioco

Un nuovo racconto, “Lezioni di gioco”, pubblicato a pagina 30 del n.12 della rivista Offline

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#altrove #secondapelle #testolibero

Riflessioni su “L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito

Il lago non è come il mare

Mentre rifletto su questo romanzo letto qualche settimana fa penso soprattutto alla sua ricchezza e lo immagino come un cesto capiente, intrecciato a mano con materie prime differenti. Nel libro di Giulia Caminito, infatti, ci sono molte cose. Una famiglia in difficoltà, guidata da una madre fiera e battagliera; il lago di Bracciano, la cittadina di Anguillara, adolescenti inquieti, bulli e ragazze in boccio, oggetti desiderati, sogni grandi, piccoli, infranti; amicizia e amori ruvidi ed esplosivi. Continua a leggere …

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#altrove #secondapelle #testolibero malattia malattia, ansia paura Scrittura

Mille cose che brillano

Da poco più di un mese ogni mattina al risveglio mi passo una mano sul seno destro. È il mio ultimo campo di battaglia, tangibile, di carne e pelle. Ce ne sono stati altri, negli anni, che non si vedono e che non posso toccare. Sono stata operata a dicembre, ma la battaglia è cominciata mesi prima, sotto il sensore ecografico della mia senologa che a un tratto smette di conversare e si avvicina al monitor con l’aria compunta. Qualcosa non la convince, dice che vuole rifarmi l’ecografia con un altro apparecchio. Ci spostiamo in un’altra stanza, mi stendo su un altro lettino, sotto un altro sensore. Lei seria, continua a studiarmi, l’anno scorso andava tutto bene, l’addensamento non c’era. Io non chiedo niente, io so già. Lo so per mia madre, per le donne che vedo nel mio studio e mi raccontano, per le statistiche che sono oracoli, perché ho l’età in cui accadono queste cose a tante di noi. Non dico niente, attendo che lei si decida a dare un responso, il via a una fatica che è già iniziata da quando ha smorzato la sua consueta cordialità e ha assunto quel piglio pensieroso. Continua a leggere su AlPassoCoiTempi

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#altrove #secondapelle Racconti

“Sarta per uomo” su “Bomarscé”

Sulla rivista Bomarscé #3 (pag. 52) è stato appena pubblicato il mio nuovo racconto “Sarta per uomo”. Scarica qui il pdf.

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#altrove #secondapelle #testolibero

Il giardino di Lula e il tempo delle donne

A distanza di diverse settimane dalla lettura di Ho fatto la spia di Joyce Carol Oates, una delle cose che proprio non riesco a lasciar andare di quella storia feroce è il giardino della madre di Violet Rue, Lula Kerrigan. E sebbene l’intera struttura del romanzo ruoti intorno ad altro, sebbene io ricordi ancora ogni dettaglio della storia di Violet Rue e della sua famiglia, del reato commesso dai suoi fratelli e del destino atroce della ragazza, il giardino di Lula Kerrigan non mi lascia in pace, continua a dimenarsi fra i miei pensieri come se avessi finito di leggere un attimo fa uno degli ultimi capitoli del libro, appunto, Nel giardino di mia madre. Continua a leggere su Fernweh

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#altrove #secondapelle

Viso di donna fra archi a ogiva

Come di consueto, Claudio è appena entrato nello studio dopo aver pranzato da solo. Nelle ore un po’ lente del primo pomeriggio legge i quotidiani e controlla la posta elettronica, prima di riprendere a lavorare. Smorzando uno sbadiglio si siede alla scrivania, fa per aprire il giornale e, con la coda dell’occhio, vede lampeggiare sul monitor del computer l’icona a forma di busta. Nuove mail sull’indirizzo di posta dell’UniGe.it che ogni giorno è subissato da messaggi di colleghi, studenti e segretari didattici. Scorre rapidamente la schermata e clicca sui mittenti in modo da spegnere la notifica “in arrivo”. Lascia solo una mail come non letta sul cui mittente è incerto. Le darà un’occhiata dopo. Continua a leggere su #alpassocoitempi.

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#altrove #secondapelle Racconti Scrittura

L’anima delle case

– Lei, signora, notò salendo i cangaruni del cancello, vero?
– I cosa?
– I cangaruni.  – La vecchia mostrò i denti gialli in una smorfia che doveva essere il suo sorriso – Vede, signora cara, il cancello è stato fatto in ferro battuto dove stavo prima, in Australia, terra di cangaruni.
– Ah, capisco.
La donna, rinseccolita e fasciata nel suo abito nero a lutto, mi fece strada fra le stanze chiuse che sapevano d’aria vecchia e dolciastra. Passo silenzioso, schiena ricurva e spalle vicine. Il profilo aquilino del viso magro mi ricordava le streghe di certe favole e la voce, mio dio, il verso di una cornacchia.
In realtà non li avevo notati per niente, i cangaruni. Mi ero accorta solo della forza estrema necessaria ad aprire il pesantissimo cancello nero con una banda decorativa in ottone che, adesso lo sapevo, doveva raffigurare una serie di canguri australiani.
– Entrasse, signora, senza complimenti. Apro le finestre e ci faccio vedere tutte le stanze.
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