Categorie
#risvegli Scrittura

Cose corruttibili

Stamani sono uscita presto. Mi sono svegliata con un’energia insolita e ho fatto un giro largo in bici. Il tempo promette pioggia e spero con tutto il cuore che pioggia sia.
Leggevo Levi, prima, a casa, qualche pagina de Il sistema periodico che ho a portata di mano da molti mesi. Finisco e ricomincio a leggere senza soluzione di continuità; è magico, ogni volta sembra un libro nuovo. Il capitolo Cerio, dunque, lantanide, elemento delle terre rare. Leggevo di un barattolo senza etichetta, cosa insolita in un laboratorio chimico tedesco; della ricerca di una confezione adeguata al trasporto clandestino di un materiale barattabile. C’è una pagina meravigliosa sulla corruttibilità degli imballaggi naturali: la membrana cellulare, il guscio dell’uovo, la buccia delle arance. Non esisteva il polietilene, scrive Levi, flessibile, leggero e incorruttibile, così incorruttibile che “il Padre Eterno medesimo, che pure è maestro in polimerizzazioni, si è astenuto dal brevettarlo: a Lui le cose incorruttibili non piacciono”.
Leggevo di un certo tipo di fame che rende bestiali e corruttibili, insieme a speranza e disperazione alternantesi a un ritmo “che avrebbe stroncato in un’ora qualsiasi individuo normale. Noi non eravamo normali perché avevamo fame”. E a causa di quella fame Primo Levi dovette imparare a rubare. Non il pane degli altri, scrive, ma merce che poteva scambiare con del pane per sé.
Continuo a pensare a questa frase, non il pane degli altri, e al senso del limite, prezioso più del cerio, molto più del polietilene.

Il cielo si è rabbuiato un altro po’. Ho messo la bici al riparo, gesto superfluo: una bella acquata, confesso, al ritorno la prenderei volentieri.

Categorie
Senza categoria

Sembrava

Sembrava stranezza. Quando la sgridavano apriva la cartella e cominciava a piangerci dentro. Non avevo mai visto una bambina piangere dentro una cartella. Ne avevo vista una infilare un dito in una presa, un’altra fare a botte per strada, un’altra ancora imbambolarsi alla finestra. E io stessa, a volte, avevo fatto cose strane, infilare la testa dentro una ringhiera, mangiare le foglie di ortica, contare formiche che uscivano in fila dal muro. Piangere dentro una cartella. Dai. Che razza di comportamento. Ma quella bambina smunta e piena di capelli, naso affilato e bocca tirata verso il basso, era diversa in tutto. Nelle parole che gocciolavano appena dalle labbra. Nella camminata da equilibrista scarso. Chissà se anche nei pensieri. Chissà se anche nei sogni. Chissà. Cosa teneva nella cartella. Quaderni accartocciati e scoloriti da un’umidità segreta. Forse briciole impastate. Un piccolo universo di organiche putrefazioni. Cose che nessuno capiva, che non mostrava a nessuno. Sale emotivo cristallizzato nell’antro buio di una cartella. E nessuno parlava, nessuno consolava, né chiedeva. E niente. Così, a volte, le vite.

Categorie
#secondapelle

Vicoli

59937057_10219402325798346_4887442856068775936_nI vicoli la sanno lunga. Raccontano verità sobrie e sconcertanti, mostrano storie e tempi stratificati di cui narrano cose minuscole o enormi. Riecheggiano di pettegolezzi o di accadimenti inconfessabili. Odorano di stantio, sottraggono luce e cielo all’area che contengono. Eppure, nel loro essere così essenziali e ruvidi hanno un che di fiabesco che rapisce l’occhio e illude il cuore. Te li porti dietro in una foto, sapendo già di aver commesso un furto irreparabile. Tornare è l’unico modo di restituire.

Categorie
Scrittura

Se rinasco

cropped-38298034_10217283201861572_4099268708885594112_n1.jpgSe rinasco, voglio nascere aggettivo. Non sostantivo. Non m’interessa venire al mondo già piena di certezze e con tanto di sinonimi che ne riecheggiano il significato e di contrari che lo esaltano per contrapposizione. Mi sento più affine alla versatilità dell’aggettivo. E alla sua varietà, poiché esso qualifica, determina, dimostra, notifica il possesso, il genere, il numero. L’aggettivo pare servile, in realtà conquista e si adatta a certezze e a situazioni con delicatezza e, tuttavia, lo fa con la tenacia propria di chi sceglie, guida, ma non impone, piuttosto suggerisce. L’aggettivo è un mentore parco, nel suo piccolo nasconde un seme di genialità e saggezza che lo rende utile e necessario il giusto. Connota e distingue, di quando in quando magnifica, a volte riduce all’essenziale e altre impressiona un’intera vita in un unico breve tratto. Varia, anticipa, cela, sottende, contiene, riflette. Svolge laborioso molti compiti, si snoda, si adatta, conduce in molti luoghi, come le strade e i ponti.
Se rinasco, quindi, voglio nascere aggettivo. Uno di quelli che fanno la differenza, senza inutile frastuono.
Ma son cose che si dicono senza crederci poi tanto, non è vero?

 

© giusi d’urso