Sembrava

Sembrava stranezza. Quando la sgridavano apriva la cartella e cominciava a piangerci dentro. Non avevo mai visto una bambina piangere dentro una cartella. Ne avevo vista una infilare un dito in una presa, un’altra fare a botte per strada, un’altra ancora imbambolarsi alla finestra. E io stessa, a volte, avevo fatto cose strane, infilare la testa dentro una ringhiera, mangiare le foglie di ortica, contare formiche che uscivano in fila dal muro. Piangere dentro una cartella. Dai. Che razza di comportamento. Ma quella bambina smunta e piena di capelli, naso affilato e bocca tirata verso il basso, era diversa in tutto. Nelle parole che gocciolavano appena dalle labbra. Nella camminata da equilibrista scarso. Chissà se anche nei pensieri. Chissà se anche nei sogni. Chissà. Cosa teneva nella cartella. Quaderni accartocciati e scoloriti da un’umidità segreta. Forse briciole impastate. Un piccolo universo di organiche putrefazioni. Cose che nessuno capiva, che non mostrava a nessuno. Sale emotivo cristallizzato nell’antro buio di una cartella. E nessuno parlava, nessuno consolava, né chiedeva. E niente. Così, a volte, le vite.

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