Una casa con un balcone che girava attorno alle stanze. Noi bambini, come sulla giostra, a cavallo delle scope, sembravamo streghe e stregoni. Mio fratello cadde e si fece male. Il sangue sulle piastrelle svelò l’incantesimo, un gioco troppo frenetico da fare su un balcone. Si alzò subito, rise della sua ferita, come i soldati reduci da una battaglia vinta. Io che di magie non mi sono mai occupata, vedendo il sangue piansi e chiamai aiuto. Non è niente, disse mia madre, prendo i cerotti. Eppure restai sgomenta e preoccupata per giorni. Ero già perduta dietro certi piccoli dolori che non passano mai. Ancora torno alle piccole ferite dei bambini, alla casa piena di voci argentine, a incidenti e cerotti rimasti laggiù. Da quelle stanze arriva di continuo l’eco infinita che sa di litigi e canzoncine. E mi pare di essere rimasta da sola ad ascoltare.