Di cose dimenticate e poi riemerse. Di parole acuminate che sembravano spine. La più piccola. La più piccola della classe. La più piccola del gruppo. La più piccola dell’elenco, della schiera, della serie, della squadra. La fatica di essere “ina”, che deve competere, che deve farcela, che deve vincere. Ma vincere cosa? È un’illusione la gara cui gli altri ti hanno iscritto. Competi con te stessa, non con gli altri. Odii te stessa, combatti la “ina” che è in te, se vinci è contro te stessa. Ti ammazzi. E mentre ti uccidi accontenti, compiaci, inorgoglisci. Gli altri, però. Tu resti indietro. Avanti c’è sempre qualcun altro che è più. Nessuno capisce che vuoi stare fuori dalla gara. Nessuno sa, nessuno vuol sapere. Nessuno. Non sei di nessuno e tutti ti vogliono prima. Non sei di nessuno e tutti ti usano per arrivare primi. Poi da grande ti scopri brava. Non più. Non meno. Normale. Solo tu. Sei brava di una bravura che nessuno ha previsto, su cui nessuno ha scommesso. La tua. Finalmente.
© giusi d’urso